Nell’articolo della rivista “Ambiente & Sicurezza Sul Lavoro” del mese di Agosto 2023, viene affrontato il tema degli impatti che le innovazioni tecnologiche e digitali stanno avendo su prevenzione e tutele in ambito di health and safety at work.
L’articolo tratta diversi temi, tra cui un’analisi su come funziona l’IA e le opportunità che la transizione digitale offre, riportando studi, norme e ricerche riguardo questi temi.
Secondo una ricerca condotta dal Politecnico di Milano nel 2022, il 93% degli italiani è a conoscenza, almeno per sentito dire, dell’Intelligenza Artificiale (IA), il 55% afferma di riconoscere l’IA come molto presente nella propria quotidianità e solo il 37% sostiene di utilizzarla nel proprio lavoro.
Almeno una volta negli ultimi anni la maggior parte delle persone ha avuto a che fare con macchine o sistemi che utilizzano l’IA come i più conosciuti assistenti vocali Siri e Alexa, o nell’ambito dell’e-commerce Amazon e Netflix. Molti però fanno uso di questi strumenti ignorando il funzionamento dei sistemi che li supportano, incrementando di fatto il livello di “affidamento non cosciente” in modo rischioso e non pensando alle conseguenze. Questo avviene fornendo dati personali e quindi informazioni sulla propria persona a piattaforme digitali di cui non si conoscono le proprietà e finalità.
I vari modelli di IA si differenziano in due macro gruppi definiti a “sistema esperto” e di “machine learning”. I primi si basano sulla logica ”if-then”, in base alla quale producono effetti seguendo regole prestabilite e inserite dai programmatori. Mentre i secondi, nonostante siano programmati anch’essi con l’inserimento di un input, sono in grado di elaborare in maniera continua i dati e produrre quindi effetti combinandoli, sfruttando anche i dati immagazzinati e processati in precedenza. Quello del “machine learning” è infatti un modello che segue un processo di “apprendimento” in evoluzione costante, che si sviluppa auto-alimentandosi e auto-rigenerandosi.
Con il “machine learning” si riconoscono alla macchina abilità e capacità riconducibili a quelle umane. Il sistema sfrutta ed utilizza grandi quantità di dati costantemente aggiornati e acquisisce modalità di combinazione (ragionamento, apprendimento, pianificazione, creatività) che consentono all’IA stessa, mediante algoritmi, la comprensione dell’ambiente nel quale va ad operare e la produzione di soluzioni mirate a obbiettivi specifici.
Inoltre, l’ultimo passaggio evolutivo che si sta già attuando, grazie al perfezionamento dei modelli di apprendimento, è quello dal “machine learning” al “deep learning”. Quest’ultimo, attraverso l’impiego di sistemi di reti neurali artificiali rende sempre più sottile il confronto tra la macchina e i processi mentali dell’uomo.

A fronte di questo scenario in rapida e continua evoluzione delle innovazioni tecnologiche e digitali che raggiungono risultati inimmaginabili, si genera l’esigenza di regolare il processo di sviluppo tecnologico. In particolare Elon Musk e altri mille sottoscrittori hanno chiesto e proposto un urgente stop di sei mesi nello sviluppo dell’IA, sostenendo la necessità di riflettere e giungere a regolare il processo di sviluppo tecnologico nei riguardi del quale l’umanità non sembra già più in grado di controllarne le conseguenze e la sua potenza distruttiva.
Tale intervento non vuole frenare l’innovazione, ma allo stesso tempo le tecnologie non possono essere sviluppate a discapito dei diritti delle persone. Il passaggio che sta avvenendo da Industria 4.0 alla fase successiva di Industria 5.0 porta con sé la consapevolezza che, sfruttando quanto reso possibile dal processo di innovazione tecnologica e digitale, l’obbiettivo prioritario rimane quello di valorizzare la “centralità della persona”. Le macchine diventate e che diventeranno sempre più intelligenti devono infatti migliorare la vita degli esseri umani, anziché creare nuove forme di schiavitù e dipendenza.
Diventa dunque necessario gestire questo cambiamento: sono stati a proposito enunciati obbietti e percorsi, e delineate azioni da seguire in modo da far maturare un atteggiamento di fiducia, in parallelo all consapevolezza e conoscenza di come operano gli strumenti di innovazione tecnologica, in particolare quelli che utilizzano l’IA. L’obbiettivo del “potersi fidare” di questi strumenti è quello di sfruttare le potenzialità che questi esprimono, nonché cogliere le innumerevoli opportunità che ne derivano.
L’utilizzo sempre più diffuso di IA ha una grande potenzialità che rischia di essere vanificata, o addirittura osteggiata, proprio per un senso di timore e scarsa fiducia delle persone che vi si interfacciano. Le paure più ricorrenti nelle persone/lavoratori sono principalmente due. La prima data dalla possibilità dell’IA di tracciare le abitudini quotidiane, come i comportamenti dei lavoratori, e che i dati raccolti vengano utilizzati in violazione dei diritti di privacy al fine di realizzare forme di sorveglianza individuale o collettive. La seconda dal fatto che i dati vengano utilizzati dal datore di lavoro per osservare e controllare i lavoratori, potendo analizzare e incrociare quantità infinite di dati in tempi brevissimi, giungendo a conclusioni che possono orientare le decisioni, gli atteggiamenti e le conseguenze.
Favorire lo sviluppo di un atteggiamento di fiducia consapevole non deve diventare però un affidamento totale alla tecnologia, che potrebbe esporre a rischi quali la mancata garanzia di corretto funzionamento e mancato rispetto dei diritti come la libertà, dignità, sicurezza, salute e uguaglianza.
Un’ulteriore conferma di questi timori è stata riscontrata in seguito a una Survey condotta nel 2022 dal Politecnico di Milano, rivolta a Datori di Lavoro e a Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). La domanda posta nella Survey riguardava quali fossero le barriere principali nell’adozione delle soluzioni tecnologiche; ciò che è emerso da entrambe le figure riguarda:
- la complessità di gestione riferita alla tutela della privacy
- la tentazione di controlli sullo svolgimento dell’attività lavorativa
- il condizionamento nello svolgimento delle mansioni
- la scarsa fiducia sulle positività garantite
Un quadro di risposte da considerare è anche quello relativo alla domanda sul grado di conoscenza e sulle modalità di funzionamento delle più diffuse tecnologie indossabili e non, risposte sempre uniformi tra Datori e RLS, che hanno confermato un livello medio-basso di conoscenza.
In merito a ciò, è stato stipulato l’Accordo Europeo sulla Digitalizzazione, attraverso il quale le parti sociali europee si sono impegnate nel cercare di:
- massimizzare i vantaggi della digitalizzazione
- minimizzare gli svantaggi
- delineare un metodo per la comprensione degli effetti della digitalizzazione
- favorire la fiducia nei confronti delle potenzialità della digitalizzazione
Si tratta quindi ora di “gestire il cambiamento” nel nuovo mondo del lavoro caratterizzato dalle transizioni verde, digitale e demografica. Un importante contributo in merito è fornito dal documento elaborato per la Campagna Europea dell’Agenzia per la sicurezza e salute sul lavoro, nel quale è presente una ricerca ancora in svolgimento dal titolo “Panoramica sulla SSL e sulla digitalizzazione 2020-2023”, il cui scopo è quello di fornire ai luoghi di lavoro informazioni sui potenziali effetti della digitalizzazione sulla salute e sicurezza sul lavoro, indicando vantaggi e pericoli dell’introduzione dei sistemi digitali intelligenti nel processo produttivo.
Le valutazioni su tali tecnologie non possono limitarsi alle certificazioni fornite dai produttori, ma devono prevedere anche lo svolgimento di ulteriori osservazioni sui device svolte nel contesto di utilizzo, tenendo conto degli effetti che possono avere sul lavoro per cui vengono utilizzati.
In seguito a queste innovazioni diventa necessario formulare alcune regole cardine. Nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro ne sono state individuate alcune a partire dagli anni ‘70, contenute nello Statuto dei Lavoratori. Ad oggi è pur sempre a questo testo, seppur di oltre cinquant’anni fa, che dobbiamo guardare per quanto riguarda le regole legate alle innovazioni tecnologiche e digitali in ambito lavorativo, in particolare a favore della prevenzione degli operatori.
Alla luce però del processo di modernizzazione tecnologico-digitale del lavoro in continua e rapida evoluzione, emerge il bisogno che le organizzazioni dei lavoratori siano chiamate ad acquisire conoscenze specifiche sugli strumenti innovativi a loro disposizione, e sulle implicazioni ed effetti che un’eventuale installazione potrebbe determinare.
In conclusione, la tecnologia and the scienza hanno sempre percorso i tempi e accelerato i processi di modernizzazione ed evoluzione, spesso però non trovando sintonia e approvazione.
La novità dell’Industria 5.0 consiste nel preservare e rafforzare l’approccio umano-centrico in versione evoluta, seguendo la necessaria capacità di cogliere le opportunità che la transizione digitale offre e offrirà, cercando di abbattere le barriere che si son create nel rapporto tra utilizzatori e innovazioni.
“Gestire il cambiamento” a favore di un miglioramento continuo, a partire dalla prevenzione, deve quindi rappresentare la modalità corretta d’approccio.